Accessibilità digitale: innovare significa includere
Nel mondo digitale di oggi, garantire l’accessibilità non è solo un obbligo normativo: è una scelta di civiltà.
Recentemente abbiamo partecipato all’evento “Abbiamo sempre fatto così” organizzato da Visiva – Product Heroes e Beliven, con il patrocinio di DITEDI, dell’Associazione AnimaImpresa e la collaborazione di Heiko, Human Analytica, MyNet, Coding Duck.
Siamo tornati a casa con parecchi spunti, altrettanti “compiti per casa” e l’entusiasmo contagioso del team che ha lavorato all’iniziativa.
Ma veniamo al punto.
L’accessibilità non è un dettaglio tecnico, ma un diritto. I relatori invitati all’evento, esperti di diversi ambiti – giuridico, tecnologico, ricerca e sviluppo – hanno messo in luce come rendere i prodotti digitali accessibili significhi progettare soluzioni migliori per tutti.
Spesso si pensa all’accessibilità come a un aspetto secondario, da affrontare a progetto concluso. Ma l’accessibilità non è un optional: è una condizione imprescindibile perché un sito, un’app o un servizio online siano davvero utili e utilizzabili da tutti i cittadini, comprese le persone con disabilità visive, motorie o cognitive.
I riferimenti normativi
L’accessibilità è oggi un diritto sancito a livello europeo e nazionale. Il principale riferimento è la Direttiva (UE) 2016/2102, che impone agli enti pubblici degli Stati membri di garantire che i propri siti web e le applicazioni mobili siano accessibili a tutti gli utenti, in particolare alle persone con disabilità.
La direttiva si basa sulle Web Content Accessibility Guidelines (WCAG) 2.1, livello AA, come standard tecnico di riferimento e prevede obblighi di:
- pubblicazione di una dichiarazione di accessibilità aggiornata;
- possibilità per gli utenti di segnalare mancanze e richiedere informazioni accessibili;
- monitoraggio e sanzioni in caso di inadempienza.
In Italia, la direttiva è stata recepita con il Decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 106, che aggiorna la Legge Stanca (Legge 4/2004), estendendone l’ambito di applicazione anche alle applicazioni mobili e rafforzando gli obblighi di conformità per le pubbliche amministrazioni, scuole, università e soggetti privati che offrono servizi pubblici.
Dai principi all’azione: l’esperienza dei relatori
Durante l’incontro, Sauro Cesaretti, presidente di Accessibility Days, ha parlato dell’accessibilità come diritto umano. Non basta rispettare gli standard: bisogna promuovere una cultura dell’inclusione, dove ogni utente venga considerato fin dall’inizio del processo di progettazione.
A seguire, Alessandro Natolino, CEO di Heiko, ha evidenziato l’importanza di integrare l’accessibilità nei progetti finanziati con fondi pubblici, in particolare quelli legati al PNRR. La compliance, ha sottolineato, deve diventare un driver per migliorare i processi digitali.
Giorgio Brajnik, docente dell’Università di Udine e uno dei massimi esperti italiani in materia, ha presentato strumenti e metodi per valutare l’accessibilità dei prodotti digitali, insistendo sull’importanza di misurare e testare i servizi già nelle prime fasi dello sviluppo.
Infine, Andrea Baruzzo, CTO di IDS, ha portato la prospettiva tecnica e concreta di chi progetta e realizza software ogni giorno. Il suo messaggio è stato chiaro: accessibilità by design. Meglio pensarci subito, anziché “rattoppare” dopo.
Un’opportunità, non solo un obbligo
L’accessibilità digitale è un investimento: migliora la qualità dei prodotti, amplia il pubblico, riduce le barriere e rafforza la reputazione. Ma soprattutto, contribuisce a costruire una società più giusta e inclusiva.
Le tecnologie cambiano in fretta, ma i principi che guidano l’innovazione devono rimanere saldi. E l’accessibilità è uno di questi.